Un altro pezzo di Trentino è volato nello spazio. L’Università di Trento, a meno di quattro mesi dal lancio della sonda Juice diretta su Giove, ritorna protagonista di un esperimento scientifico extraterrestre. Il 4 agosto è arrivato con successo sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) il laboratorio biochimico in miniatura ZePrion, che avrà il compito di confermare il funzionamento di un protocollo innovativo per lo sviluppo di nuovi farmaci contro gravi malattie neurodegenerative. Il protocollo, che può essere testato solo in condizioni di microgravità, è stato sviluppato da due ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Università di Trento e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Nella missione sono coinvolti diversi istituti accademici a livello internazionale e l’azienda israeliana SpacePharma. Per la parte italiana partecipano al progetto anche la Fondazione Telethon e l’Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ibba).
Gli obbiettivi di ZePrion
ZePrion nasce con l’obbiettivo di confermare il meccanismo molecolare che sta alla base di una nuova tecnologia di ricerca farmacologica denominata Pharmacological Protein Inactivation by Folding Intermediate Targeting. La PPI-FIT si basa sull’identificazione di piccole molecole (dette ligandi) in grado di unirsi alla proteina che costituisce il bersaglio farmacologico durante il suo processo di ripiegamento spontaneo, evitando così che questa raggiunga la sua forma finale e causi la malattia.
Perché la microgravità
Per validare la tecnologia è necessario riuscire ad ottenere un’immagine ad alta definizione del legame tra le molecole terapeutiche e le forme intermedie delle proteine bersaglio, così da confermare in modo definitivo l’interruzione del processo di ripiegamento. In genere questo tipo di immagini si ottiene analizzando con la cristallografia a raggi X i cristalli formati dal complesso ligando-proteina. Nel caso però di proteine in forma intermedia, la gravità impedisce la formazione dei cristalli, rendendo irrealizzabili gli esperimenti sulla Terra. Questo ha spinto le ricercatrici e i ricercatori a sfruttare la condizione di microgravità presente sulla Stazione Spaziale Internazionale.
La proteina prionica
I ricercatori lavoreranno in modo specifico sulla proteina prionica, la cui forma alterata è causa del morbo della mucca pazza e di gravi malattie neurodegenerative come la malattia di Creutzfeld-Jakob e l’insonnia fatale familiare.
In orbita sarà possibile generare cristalli formati da complessi tra una piccola molecola e una forma intermedia della proteina prionica, che in condizioni di gravità normale non sarebbero stabili. Questi cristalli potranno poi essere analizzati utilizzando la radiazione X prodotta con acceleratori di particelle, per fornire una fotografia tridimensionale del complesso con un dettaglio di risoluzione atomico.